Claudio Coccoluto, promotore di “Amore 06”, ci racconta com’è nato il più importante evento dance organizzato a Roma per l’ultimo dell’anno
A Roma il Capodanno dei dj
“Alla ricerca dell’estasi collettiva”
di DANIELE SEMERARO
ROMA – Musica house, techno, elettronica, hip pop. Tutto questo è “Amore 06 Capodanno a Roma”, che è considerato il più importante evento dance organizzato per l’ultimo dell’anno in Italia. Allestito in tre aree della Fiera di Roma, il megaraduno ospiterà per tutta la notte, a partire dalle 22 del 31 dicembre fino alle 8 del primo gennaio, concerti, performance musicali e videoproiezioni, e si propone l’obiettivo di raccogliere una fascia di pubblico il più ampia possibile, grazie anche al biglietto d’ingresso a prezzo accessibile (35 euro).
Abbiamo chiesto a Claudio Coccoluto, uno dei dj italiani più affermati a livello internazionale nonché uno degli organizzatori, insieme al Comune di Roma e a Radio Deejay, com’è nata l’idea di creare, a Capodanno, un evento così importante.
“Siamo partiti l’anno scorso in controtendenza, quasi per scommessa… Da qualche anno infatti si sono affermate le piazze come punto di ritrovo del Capodanno, e i club si sono un po’ svuotati. Allora con Giancarlino (il mio socio e ‘compagno di merende’) eravamo convinti che questa ‘moda’ si potesse ‘combattere’ attraverso la creazione di un grande evento che attirasse a sé un’ampia fascia di pubblico. E così, siccome il Capodanno ha bisogno di spazi grandi, abbiamo avuto la disponibilità della Fiera di Roma. L’anno scorso il successo è stato eclatante, è andato oltre ogni aspettativa, e quest’anno speriamo di replicare: i presupposti ci sono tutti”.
Cosa suonerete questo Capodanno, e quali sono le tendenze musicali che seguirete?
“Di solito a Capodanno si tirano le fila delle tendenze musicali di tutto l’anno. Quello che facciamo noi è la verve elettronica, che ha come epicentro Berlino e che nel 2005 ha contagiato l’Europa e il mondo, ha rotto gli argini ed è diventata una musica quasi di massa. Certo, ovviamente siamo ancora nei limiti dell’underground e del clubbing! Quest’anno allora avremo innanzitutto i dj-set di alcuni dei migliori dj-producer della scena nazionale e internazionale, tra i quali in esclusiva da Detroit il funambolico e leggendario Jeff Mills, e poi da Berlino Steve Bug. E ancora, in corsa si sono aggiunti anche i Subsonica che faranno un concerto live. Ma poi non mancherà anche tutta quella musica citazionista degli anni Ottanta, intesi come prima elettronica, pura elettronica… un po’ gli inizi dei Depeche Mode, per intenderci. Diciamo che sarà una specie di spaccato di tutta la musica giovanile in auge”.
Hai già pensato a quali pezzi metterai?
“Assolutamente no! Io dico sempre che il dj la serata vera la concepisce a casa quando mette i dischi nella borsa, è lì che si creano tutte le possibilità e le opzioni da sfruttare in maniera improvvisata. Per me funziona così di solito: pesco dal mio archivio, arrivo sul posto, mi faccio guidare dall’istinto, dall’umore, dall’energia della pista e da lì inizio a creare la scaletta che viene fuori in maniera estemporanea. In effetti mettere dischi in sequenza, altrimenti, sarebbe facilissimo, potrebbe essere benissimo fatto da un computer. Invece no: bisogna cercare di leggere le menti di chi sta di fronte, s’instaura un qualcosa di comunicativo a livello molto alto”.
Allora ci puoi almeno anticipare con cosa aprirai la serata e con cosa la chiuderai?
“Mah nemmeno questo è facile. In un evento come quello che andiamo a fare a Capodanno ci sarà una sequenza di dj che si alterneranno. L’importante è che ci sia una certa consequenzialità tra di loro… non si tratta di uno show per ogni dj, ma di una festa lunga diverse ore, e così cerchiamo di fare gioco di squadra. Il dj che segue si attacca al feeling di quello precedente, e così via. E questo ovviamente determina poca possibilità di premeditazione. Posso anticipare che ci può essere qualche commistione tra il nostro tipo di musica e i classici di Capodanno… ad esempio a Natale ho fatto una serata e c’è stato un artista inglese, Nathan Flick, che ha creato una versione elettronica di Silent Night (Bianco Natale)… io l’ho suonata con grande emozione e il pezzo ha avuto un enorme successo”.
E un lento a Capodanno? Che ne dici, è ammesso?
“L’accezione che si ha oggi del lento è molto diversa da quella di alcuni anni fa, in cui il lento significava praticamente la mancanza di ritmo e il ballo a coppia. Oggi è un po’ diverso, perché la lentezza o la velocità di un brano non ne determinano la ballabilità. Quindi ora si possono ballare cose lente come cose veloci. Un lento a Capodanno è possibile, dipende ovviamente dall’atmosfera… se mettessi un brano di Bjork, ad esempio, credo che nessuno si meraviglierebbe… ma non sognatevi il ballo di coppia di una volta!”
Cosa si aspetta la gente da una serata come quella del Capodanno? E tu come la vivi, diversamente da una serata “normale”?
“La gente si aspetta l’estasi collettiva. Credo che la cosa più bella sia guardare tanti come te che ballano allo stesso modo, ascoltano la stessa musica, si vestono alla stessa maniera… è una sorta di megaraduno di identità simili che si cercano. Eventi di questo tipo, soprattutto a Capodanno, sono ben diversi da un concerto rock in cui il pubblico è protagonista, ma quasi sempre in maniera passiva. Qui c’è un’interazione, uno scambio di emozioni a livello omnidirezionale, in una specie di quello che una volta si chiamava ‘rave’. Qui tutti interagiscono con tutti, anche se il fuoco è il dj dentro la sua cabina. Io stesso mi diverto moltissimo a vedere la gente ballare, anche se sto dietro ai piatti… ma questo è il lavoro, il mio ruolo”.
Il Capodanno per i dj è anche un momento molto frenetica, di solito si hanno diversi appuntamenti nella notte in diversi luoghi… come lo vivi?
“Ci sono stati alcuni anni in cui avevo anche otto-nove appuntamenti tra la notte e la mattina successiva. C’è da dire che a Capodanno i locali hanno un’estensione dell’orario di apertura, e quindi molti locali, soprattutto quelli del tipo in cui opero io, ne approfittano e rimangono aperti fino all’ora di pranzo del primo gennaio. E così io farò una parte della serata a Roma, poi mi trasferirò in Toscana… scappare fa parte del mestiere, ma se ci si organizza prima ci si riesce tranquillamente senza neanche stressarsi troppo… l’importante è che non si trovi la neve per strada!”
Come scegli, di solito, la musica da mettere. E come fai ad essere sicuro di mettere quella giusta?
“Quello che mi dà fiducia è la credibilità di cui godo. Mi sento responsabilizzato quando faccio le scelte musicali, quando compro i dischi. È lì che io opero la più feroce autocritica su di me e su quello che ascolto. Scegliere un disco può determinare il successo di quell’artista e di quella serata… Quello che mi piace di questo ‘mondo’ è che le scelte non si operano in maniera fraudolenta come può accadere in radio o in televisione, dove le pressioni del marketing determinano a tavolino i successi… Il circuito dei club, dei dj, è una sorta di media a sé stante, è un network spontaneamente duro, che fa barricate contro la commercializzazione di tutti e tutto”.
(30 dicembre 2005)
(Nell
a foto: Il dj Claudio Coccoluto)
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