L’annuncio a Monaco di Baviera, in Germania, durante l’inaugurazione del GSEC, il nuovo centro ricerca di “Big G” dedicato alla sicurezza globale. Sempre maggiore attenzione ai temi della sicurezza da parte dei giganti del web
di Daniele Semeraro, inviato a Monaco di Baviera
Un fondo da 10 milioni di euro chiamato “Google.org Impact Challenge on Safety” (“La grande sfida di Google.org sulla sicurezza”) per supportare aziende non profit, università e istituzioni di ricerca a sviluppare progetti legati a privacy e sicurezza. È quanto è stato annunciato a Monaco di Baviera da Google, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Centro di ricerca dedicato alla sicurezza globale, in cui entro la fine dell’anno lavoreranno oltre 200 persone, che Sky TG24 ha visitato in anteprima.
Il fondo
“Tutti – spiega Google – abbiamo responsabilità nei confronti della sicurezza online, e noi vogliamo fare il possibile per far sì che i nostri prodotti siano sempre più sicuri e per combattere gli abusi”. In quest’ottica il fondo “Impact Challenge on Safety” si rivolge alle organizzazioni che si occupano di combattere l’odio e l’estremismo nelle loro comunità o di aiutare i più giovani a stare al sicuro mentre navigano sul web. Il fondo non è dedicato solamente a progetti online ma anche a iniziative “offline” in cui la tecnologia possa giocare un ruolo chiave. La sfida, spiegano, è quella di imparare dai più esperti per rendere più sicuri e affidabili i prodotti. A valutare i progetti, una commissione composta da figure di spicco ed esperti di sicurezza europei, tra cui Helle Thorning Schmidt, amministratore delegato uscente di Save The Children, Renske van deer Veer, direttrice del Centro internazionale antiterrorismo olandese, l’ex-presidente della Camera Laura Boldrini.
I progetti attivi
Google ha reso noto di aver preso ispirazione da progetti già attivi in Gran Bretagna, che puntano alla costruzione di empatia e tolleranza. Basti pensare a “Ko Racism” alla Limehouse Boxing Academy, lezioni di boxe che includono discussioni aperte su razzismo e pregiudizi anche attraverso l’ausilio di video d’impatto. Oppure a “Virtual Inclusion” di Open University, un progetto che usa la realtà virtuale per far calare l’utente nei panni di una persona socialmente discriminata. L’importante, per Big G, è che le persone non debbano essere esperte del settore per controllare le impostazioni di sicurezza e proteggersi online.
La sfida per la privacy
Che la privacy e la sicurezza stiano diventando l’ossessione di tutti i principali giganti del Web – da Google a Facebook ad Apple – lo dimostrano le pubblicità e i continui comunicati che vanno in questa direzione. Basti pensare – dati diffusi durante il Safer Internet Day – che il 10% dei giovani dichiara di essere stato vittima di bullismo online e offline e che – dati diffusi da Nuance in occasione del World Password Day – negli ultimi 12 mesi una persona su quattro è stata vittima di una frode informatica. E ancora: ogni giorno – dati diffusi da Google – vengono rimosse 6 milioni di pubblicità e evitati 3 milioni di furti di password personali.
“La privacy non dovrebbe essere un bene di lusso e deve essere disponibile equamente in tutte le zone del mondo” ha dichiarato in un’intervista al New York Times l’amministratore delegato di Google Sundar Pichai, sottolineando che “i prodotti di Google sono pensati per essere utili e superare le tante piccole difficoltà della vita quotidiana, facendo risparmiare tempo agli utenti” e mettendo in luce come allo stesso tempo gli utenti siano “sempre più attenti a come i propri dati vengano utilizzati e condivisi”.
“Decidere quali contenuti ospitare sulle nostre piattaforme, e quali eliminare, dando allo stesso tempo agli utenti la possibilità di esprimersi a livello globale è una grande responsabilità”, spiega Kristie Canegallo, ex-vice capo di gabinetto della Casa Bianca e attualmente responsabile del team Trust and Safety di Google, che comprende, oltre a tecnici e ingegneri, anche specialisti e avvocati. La grande sfida cui è chiamato il team è sviluppare regole che rispettino tutti i punti di vista e diano spazio anche alle voci più marginali. Il team si avvale anche della tecnologia per identificare i contenuti sospetti: fino a qualche anno fa gli utenti segnalavano video e contenuti che non ritenevano degni di essere online; ora la tecnologia li riconosce e li segnala direttamente agli esperti di Google.
Le novità annunciate al Google I/O
All’inizio di maggio, durante il tradizionale appuntamento con I/O, la conferenza degli sviluppatori, Google ha annunciato di voler “fare di più” per i propri utenti ma “con meno dati”. All’interno dei prodotti utilizzati ogni giorno da milioni di utenti è stato inserito, infatti, un accesso veloce al controllo della privacy con strumenti più semplici da usare; inoltre in Google Maps è stata introdotta la modalità “incognito” per dare all’utente maggiore riservatezza e non permettere al navigatore satellitare di salvare i luoghi cercati o visitati. E poi c’è la nuova sfida del “federated learning”: un nuovo approccio che consente agli sviluppatori di “rendere i prodotti più intelligenti” senza che i dati personali lascino il dispositivo.
Un modello che le aziende si possono permettere?
La sfida su sicurezza e privacy entra dunque nel vivo. E la prossima frontiera è tenere al sicuro l’”internet delle cose”, quando le auto, i mezzi di trasporto, gli elettrodomestici e le telecamere di sorveglianza “parleranno” tra loro, condividendo molti nostri dati personali. Un modello di business basato su una minore raccolta di dati personali dei propri utenti è stato recentemente annunciato da Facebook mentre l’ultima campagna pubblicitaria di Apple punta a dimostrare come i propri prodotti siano sicuri e rispettino la privacy. Solo il tempo ci dirà se i giganti del web riusciranno a ridurre la raccolta dei dati dei propri utenti, di cui sono ghiotti gli investitori pubblicitari.