Daniele Semeraro

Giornalista

Se i ragazzi studiano a casa. Boom per l'home-schooling



Australia, Inghilterra, Canada ma soprattutto Stati Uniti: cresce a dismisura il numero di coloro che disertano – legalmente – elementari e superiori

Sempre più ragazzi studiano a casa
E gli insegnanti? Sono i genitori

di DANIELE SEMERARO

ROMA – Sono le 10 del mattino ed Elizabeth e Teddy Dean stanno studiando, insieme al papà, le opere dello scienziato Galileo. Poi si spostano in cucina, dove la mamma, Lisa, inizia a parlare del Rinascimento. In Italia sarebbe considerato quasi un reato, ma negli Stati Uniti questa sembra essere l’ultima frontiera dell’insegnamento: l’home schooling, la scuola a casa. Elizabeth, 11 anni e Teddy, 8, infatti, non sono mai stati a scuola. E i propri insegnanti? Sono i genitori.

Subito dopo pranzo è il momento di fare lezione di storia. Argomento della settimana, il Rinascimento. E i ragazzi, per entrare ancora di più nel periodo storico, si vestono con i costumi d’epoca, appositamente affittati. “In questo modo – spiega la madre – i miei figli si divertono e imparano molto di più che a scuola”.

Poi, quando è ora della lezione di scienze, Teddy e Elizabeth vengono raggiunti da altri tre “compagni” con le loro mamme, tutti “scolari in casa” del quartiere. Questa scena accade, tutti i giorni, a Columbia, in Maryland. Ma anche a Baltimora, a Washington D.C., a Cleveland e in moltissime altre città americane.

L’”home schooling”, è un’alternativa educazionale attraverso la quale i bambini sono educati, fin da piccoli, in famiglia o nella propria comunità. Negli Stati Uniti, questo fenomeno è concentrato in una lobby vera e propria di genitori. Secondo alcune stime, inoltre, il metodo educativo è molto radicato anche in Australia e Nuova Zelanda (oltre 26.500 bambini), in Canada (80mila) e nel Regno Unito (50mila).

Non esistono, per adesso, dati ufficiali aggiornati, così come non ci sono numeri precisi sui bambini che restano a casa per apprendere. Secondo quanto riporta un’inchiesta del 2003, il National Center for Education Statistics (Nces), in quell’anno oltre un milione e centomila bambini sono rimasti a casa a studiare, disertando le scuole. La Home School Legal Defense Association (Hslda), che rappresenta oltre ottantamila faimglie, spiega come le stime attualmente siano molto più alte: si attestano, infatti, tra 1,7 e 2,1 milioni di bambini.

Non c’è dubbio, comunque, che il fenomeno stia raggiungendo livelli molto elevati: per l’ente governativo Nces la crescita è stata del 29% tra il 1999 e il 2003; per l’Hslda, invece, tra il 7 e il 15% annuo. La crescita, come prevedibile, poi, è accompagnata anche da un enorme interesse di molte aziende, che si stanno specialzzando in questo settore e che propongono ai genitori corsi di aggiornamento, piani di lezioni già compilati, cancelleria e manuali che spaziano nelle più disparate materie dello scibile umano.

Perché, potremmo chiederci, i genitori decidono di far rimanere i propri figli a casa? Le risposte sono diverse. Per il 31% dei genitori iscritti all’Hslda si tratta di un modo per evitare che i bambini entrino in contatto con droga, bullismo, parolacce e volgarità. Il 30%, invece, preferisce optare per una ferrea educazione morale e religiosa da impartire all’interno delle mura domestiche, mentre il 16% si è detto insoddisfatto degli standard d’insegnamento nelle scuole locali frequentate dai propri figli. Tra le altre motivazioni, anche la possibilità di permettere ai bambini di esplorare il mondo, sviluppare l’immaginazione e competenze da poter sfruttare negli anni successivi oppure quella di averli sempre vicini, a casa, e non perdere i loro anni più belli.

Le statistiche, inoltre, spiegano che la famiglia-tipo che decide di educare i propri figli a casa è bianca e medio borghese, ma la “moda” si sta diffondendo anche tra le famiglie di colore e di origini ispaniche. Il sistema, inoltre, è attuato dalla maggior parte delle famiglie dei nativi americani.

“Non sono mai stata soddisfatta dell’idea di un’istruzione istituzionalizzata e uguale per tutti – spiega Isabel Lyman, autrice del best-seller “Homeschooling revolution”, manuale indispensabile per i genitori che vogliono intraprendere questa strada – perché con i piani scolastici non si può fare di tutta l’erba un fascio: è come se vestissimo i nostri ragazzi con magliette tutte della stessa misura. Le scuole – prosegue – tolgono ai ragazzi tutta la gioia dell’apprendimento, e non prendono in considerazione gli interessi specifici di ogni studente, i loro bisogni e i loro percorsi. Il sistema intero dell’educazione pubblica è contro gli studenti”.

Gli approcci delle amministrazioni locali americane nei confronti dell’home schooling sono vari. Gli stati di New York e della Pennsylvania, ad esempio, richiedono che i genitori forniscano i propri piani di lavoro quattro volte l’anno e testino regolarmente i propri figli. Altri, come il Texas, invece, danno molta più indipendenza.

“Esistono tanti luoghi comuni, secondo cui i ragazzi che studiano a casa crescono come disadattati sociali, asociali e addirittura analfabeti – spiega Kevin Welner, docente di pedagogia presso l’università del Colorado -. Aneddoti a parte, non dobbiamo permettere che ci siano queste generalizzazioni. Alcuni ragazzi otterranno un educazione perfetta, altri meno: è ovvio che tutto sta in mano ai genitori”.

Laura Derrik, presidente del National Home Education Newtork, ha seguito la filosofia chiamata “unschooling”, che prevede di incoraggiare i figli a seguire i propri interessi più che i curriculum scolastici predefiniti: “Mio figlio, che ora ha 14 anni – ha detto – ha imparato a leggere a 3 anni: in quel momento ho capito che noi avremmo lavorato, insieme, meglio di qualsiasi sistema scolastico, perché i bambini nascono con la voglia d’imparare”.

Lisa Dean, altro esempio di home schooling, era un avvocato prima di diventare una “mamma-insegnante a tempo pieno”, e spiega che insegnare a casa ai propri figli è molto gratificante, ma anche molto stancante. Insieme ad altre mamme, si è organizzata e ha creato un gruppo di 70 famiglie che, nel tempo libero dallo studio, organizza per i propri figli viaggi d’istruzione e attività extracurriclari. Tra queste, lezioni di musica celtica, di calcio, basket, pittura, hip-pop e kick-boxing. Come un vero e proprio doposcuola.

(4 marzo 2006)


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