I tassi di abbandono e gli strumenti didattici per reintegrare i ragazzi che lasciano gli studi. La fotografia della situazione in Italia nel libro “Ricomincio da me”
Le scuole della seconda chance
“Così recuperiamo chi abbandona”
di DANIELE SEMERARO
ROMA – Dare una seconda occasione ai ragazzi delle scuole medie e superiori che hanno abbandonato (o stanno per abbandonare) la scuola dell’obbligo? In alcune città italiane si può. Non tutti lo sanno, ma in Italia stanno nascendo diversi percorsi di intervento educativo e formativo che danno la possibilità ai ragazzi di ricostruire le motivazioni per rimettersi in gioco, sollecitandoli a coltivare le proprie aspirazioni. Si tratta delle “scuole della seconda occasione”, istituite grazie all’attenzione e alla sensibilità di amministratori locali, associazioni e degli uffici territoriali del ministero della Pubblica Istruzione.
Il primo progetto nato in Italia è stato “Provaci ancora Sam!”, a Torino, che dal 1989 ha coinvolto 25 scuole e ha raggiunto oltre 8300 ragazzi nelle due modalità di prevenzione e recupero. Le altre città d’Italia dove sono nate iniziative analoghe sono Trento (“Progetti Ponte”), Verona e Reggio Emilia (“Icaro… ma non troppo”), Roma (“La scuola della Seconda Opportunità”) e Napoli (“Chance – Maestri di strada”). Tutti i progetti sono caratterizzati da un percorso formativo basato sulla collaborazione tra insegnanti, psicologi ed educatori.
Le scuole sono rivolte principalmente a quei ragazzi che hanno un profondo senso di fallimento (“non m’impegno perché già so che non sono capace”), che sono stati respinti più di una volta (uno dei casi più frequenti è proprio la pluralità di bocciature nel primo anno della scuola media) e che, attraverso percorsi ad hoc, nella maggior parte dei casi riescono a ritrovare la motivazione per concludere il percorso scolastico precedentemente abbandonato e riorientarsi rispetto a una continuità scolastica o professionale.
Spiega Marco Rossi-Doria, maestro di strada nel progetto “Chance”, che si tratta di una grande opportunità, per un “esercito immenso di giovanissimi in condizione di fallimento precoce e di uscita dal sistema scolastico e formativo”. In ogni contesto nazionale, prosegue Rossia-Doria, esiste una quantità fisiologica o cronica di fuoriuscita precoce dai sistemi scolastici: “Le cause del ‘cadere fuori’ (drop out) dai percorsi dell’obbligo oltre a mostrarsi legate alla povertà materiale e a fattori di esclusione culturale, appartengono anche alla mancata o insufficiente azione delle politiche pubbliche e di contrasto. Una causa ulteriore è poi individuata nelle frequenti rigidità delle scuole, restie ad adottare metodologie e modalità organizzative differenziate secondo il principio della discriminazione positiva”. E’ come se la scuola “per tutti” non riuscisse al contempo ad essere anche una scuola “per ciascuno”.
Invece, “questo tipo di esperienze – spiega Anna Maria Ajello, docente di Psicologia dell’educazione all’università “La Sapienza” di Roma – sono partite per inserire i soggetti con abilità insufficienti nel mondo del lavoro, fino ad arrivare a rimotivare i soggetti demotivati. Si tratta quindi non di dare autostima ai ragazzi, ma di ripotenziare le loro capacità perse. L’insegnante è come un archeologo alla scoperta delle abilità nascoste. Così, durante le lezioni i ragazzi studiano le materie che si studiano in qualunque scuola, aiutati da normali docenti, ma vengono poi portati a sfruttare anche quelle passioni (come l’informatica o la moda o lo sport) che in altre istituzioni scolastiche vengono scarsamente prese in considerazione”.
“Lavorare per il recupero è possibile e dà i suoi frutti- ha spiegato il viceministro all’Istruzione Mariangela Bastico, intervenuta a un convegno a Roma tutto incentrato sul tema della seconda opportunità – e più questo lavoro dà i suoi frutti, più le istituzioni si impegnano per i progetti di lotta all’abbandono scolastico. Secondo gli ultimi dati – continua – il tasso medio di abbandono è molto alto: il 22 per cento dei ragazzi tra i 19 e i 20 anni non conclude un corso scolastico, con punte in alcune regioni anche del 35 per cento. Il livello è in progressivo calo, ma è ben lontano dal dieci per cento richiesto dall’Europa”
Il Ministero – ha aggiunto la Bastico – sta cercando di costruire, partendo dalle autonomie scolastiche e allargandosi fino a gli enti territoriali, una scuola inclusiva che non lasci indietro nessuno”. Tante le iniziative, spiega il viceministro, che il Governo sta prendendo in considerazione, dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni (su cui però non tutti sono d’accordo) a un elenco nazionale di soggetti educativi che concorrano a risolvere il problema, dalla lotta al superamento dell’anticipo alle elementari (che secondo molti studiosi “lacera il progetto educativo”) all’investimento sugli istituti tecnici e scientifici.
Da circa un anno l’Iprase Trentino ha messo in rete le scuole di seconda occasione: un’opportunità importante, per perseguire obiettivi comuni e confrontare e scambiare metodologie e pratiche, in modo da avviare uno studio in profondità sui processi che favoriscono il rientro nei circuiti formativi. Da questa collaborazione è nato anche un volume molto completo: “Ricomincio da me – L’identità delle scuole di seconda occasione in Italia” a cura di Elena Brighenti.
(28 novembre 2006)
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