Sostenere 950 volte l’esame di guida? Cambiare il proprio identikit? Cosa non succede nel mondo!
“CAMBIATE LA MIA FOTO SUL CARTELLO WANTED!”
Quello che è successo qualche giorno fa in Inghilterra segna davvero il nuovo corso dei tempi. La nostra vita è dominata dalla televisione, che a sua volta è dominata da modelli e veline. E allora l’aspetto fisico va a rivestire un ruolo di fondamentale importanza, anche nei casi totalmente inutili. State a sentire cos’è successo nel sud del Galles: un uomo, che cercava di fuggire dalla polizia, ha mandato una lettera anonima a un giornale con una sua foto. Perché? Perché l’identikit elettronico distribuito dagli agenti ai media lo raffigurava “troppo brutto”. L’uomo, 23 anni, accusato di rapina a mano armata in diverse abitazioni di Swansea – chissà – forse aveva intrapreso la carriera del ladro anche per diventare un “cattivo famoso”. Ingiusto, dunque, essere raffigurato brutto e malandato in prima pagina sul giornale più letto del paese. Peccato che forse il vanitoso non ha pensato che, grazie alla foto aggiornata e diffusa su tutti i mezzi di comunicazione, sarà molto più semplice riconoscerlo e acciuffarlo!
ANZIANA SOSTIENE 950 VOLTE L’ESAME PER LA PATENTE
Inutile citare il vecchio adagio della donna al volante, vero? Però – care lettrici – questa volta dovete ammetterlo: ci sono alcune donne davvero negate con le auto e con la guida. Dite di no? Leggete per intero questa storia, come sempre vera e inedita. Siamo nella Corea del Sud, dove una donna 68enne ha tentato ben 949 volte di passare l’esame di teoria per prendere la patente. E l’ha superato solo la 950° volta. “L’aspirante – ha spiegato un ufficiale della polizia stradale – ha iniziato a sostenere gli esami nell’aprile del 2005, ma non è mai riuscita ad ottenere il punteggio minimo per superarli”. Ma la cocciutaggine e la voglia di guidare hanno avuto la meglio, e così dopo aver speso ben cinque milioni di won (pari a 2.285 euro, spicciolo in più – spicciolo in meno) di tasse d’esame, la donna finalmente è riuscita a passare il test con il minimo dei voti dopo averci provato per ben 950 volte. Ora la donna ha già iniziato le guide pratiche e le toccherà sostenere – speriamo non 950 volte! – la prova pratica finale. Impossibile per i giornali contattarla. L’unico commento della signora Cha al Korea Times è stato questo: “Ho bisogno della patente per avviare un’azienda agricola”. E chissà che prima dei 90 anni la signora non ci riesca!
SE UN UOMO COMPARE AL PROPRIO FUNERALE
Chi di noi non ha mai pensato al momento del proprio funerale? Sarebbe interessante – per molti se non per tutti – sapere cosa si dirà, chi verrà, chi piangerà, e così via. Un 59enne di Santo Antonio da Platina, in Brasile, è riuscito – involontariamente, è chiaro – a scoprirlo, stupendo anche tutti i presenti. Il suo nome è Ademir Jorge Goncalves, e la notizia ha fatto questi giorni il giro del mondo. Ma iniziamo dal principio: Ademir aveva deciso, in una sera di pioggia, di trascorrere alcune ore con degli amici in pub. Dopo essere uscito visibilmente ubriaco dal locale, ha però rifiutato per diverse volte l’aiuto degli amici per tornare a casa, e così è entrato nella sua macchina sportiva e, sotto un temporale, si è diretto verso la propria abitazione. Nel tornare, però, ha deciso di fare visita a una sua vecchia fiamma, ha staccato il cellulare ed è rimasto con lei per due giorni, facendo perdere le proprie tracce. Nel frattempo, la polizia era stata allertata che per la forte pioggia un’auto sportiva con un uomo a bordo aveva sfondato un guardrail ed era precipitata in una scarpata. L’uomo a bordo, morto sul colpo, è stato ritrovato completamente sfigurato. Ma subito tutti i familiari di Ademir – che come invece noi sappiamo, si era rifugiato da una vecchia fiamma – hanno pensato a lui: l’uomo deceduto aveva lo stesso tipo di auto e vestiva in modo simile. Per questo, senza nemmeno fare il riconoscimento del cadavere (incredibile!) è stata decretata la morte dell’uomo. La salma è stata ricomposta alla buona e si sono indetti i funerali. Intanto il nostro beniamino, tornato in città, non riusciva a trovare né i suoi familiari né i suoi amici né i suoi colleghi. Camminando vicino casa ha notato il “suo” manifesto funebre e così si è precipitato al funerale, interrompendo la cerimonia e – ovviamente – creando scompiglio e scene di panico tra molti dei convenuti. La polizia locale ha chiesto più volte scusa alla “vera” famiglia della vittima: “Siamo stati convinti dai parenti e dagli amici del signor Goncalves che si trattava proprio di lui – ha spiegato il portavoce – e per questo abbiamo tralasciato sia il riconoscimento del corpo sia una prova del Dna. Per questo chiediamo scusa alla vera famiglia della vittima”.
VA IN GALERA PER UN “POKE” SU FACEBOOK
Si contano sulle dita di una mano i nostri amici che ancora non utilizzano Facebook. Quindi so di parlare a una platea molto informata dell’argomento. Tutti sapete cos’è un “poke”, vero? Letteralmente in inglese significa “stuzzicare”, “dare una spintarella”. Un poke su Facebook è quel comando che si utilizza per salutare un amico, sollecitarlo a scriverti o semplicemente richiamare la sua attenzione. Si tratta, quindi, di un tentativo di contattare un’altra persona. Il che può mettere nei guai chi, come Shannon D. Jackson di Hendersonville nel Tennessee, è obbligato dal giudice a non contattare un’altra persona. Shannon, incredibile ma vero, è stato arrestato e portato nella prigione della contea di Sumner con una multa di 1.500 dollari (pari a circa mille euro) per aver violato la sentenza che lo obbligava a non contattare “in nessun modo” il suo ex-fidanzato, con cui aveva avuto un passato burrascoso. Shannon, in attesa della sentenza definitiva, rischia addirittura 29 giorni di prigione e l’aumento della multa fino a 2.500 dollari. “La signora Jackson – si legge nella sentenza – è accusata di aver utilizzato la funzione ‘poke’ di Facebook per contattare il suo ex-fidanzato violando i termini di una sentenza del tribunale”. Prova del misfatto, una pagina di Facebook stampata e messa agli atti in cui risulta il “poke”.
CERCHI DA ANNI UNA PERSONA? PROVA CON GOOGLE
Google, a volte, riesce a fare miracoli. Non solo riesce a darci consigli estremamente utili su argomenti e attività quotidiane (tra i termini più ricercati in novembre, non stiamo scherzando, figura: “Può una cagnetta rimanere incinta di un uomo?”) ma riesce anche a riunire delle famiglie. Com’è successo a Scott, della California del Sud, e April, del Kansas. I due sono rispettivamente padre e figlia, ma non sono mai riusciti ad incontrarsi per volere della madre della ragazza. Il padre, che in un primo momento non aveva riconosciuto la figlia e aveva ripudiato la neo-mamma, dopo qualche anno di “sbandamento” aveva voluto reincontrare la figlia. Ma purtroppo la madre e la figlia sembravano svanite nel nulla. E così ha creato un sito chiamato “Scott Becker looking for April”: “Ho cercato mia figlia per svariati anni – ha spiegato – ma purtroppo non sono mai riuscito a trovarla, nonostante avessi messo sulle sue tracce anche degli investigatori privati”. Per la serie: oltre 40mila dollari spesi, ma nessuna traccia della ragazza. “Così – prosegue – mi è venuta un’idea: creo un sito internet con il nome di mia figlia, in modo che se un giorno mia figlia volesse scrivere su Google il suo nome, tra i primi risultati uscirebbe il sito internet”. E così – dopo dieci anni – è stato: i due prima hanno iniziato a comunicare via e-mail, dopodiché sono passati al telefono e poi, finalmente, hanno deciso di incontrarsi in un bar, tra l’incredulità dei parenti e la commozione generale.
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