Dalla Polonia il diario di Thomas e Claudia, in viaggio ad Auschwitz insieme ad altri duecento studenti romani, ad alcuni sopravvissuti e al sindaco Veltroni
“Noi, sulle orme dei deportati”. Studenti nei luoghi della memoria
Ho intervistato Thomas e Claudia e ho creato per loro un “diario” in diretta dalla Polonia. Buona lettura :).
CRACOVIA (Polonia) – 204 studenti romani questa mattina sono stati ad Auschwitz per visitare i campi di concentramento dove i nazisti sterminarono un milione e mezzo di persone. Con loro alcuni dei sopravvissuti e il sindaco Veltroni. Il viaggio è stato organizzato dal Comune di Roma in collaborazione con la comunità ebraica e l’associazione degli ex-deportati.
Quello che segue è il racconto in prima persona delle impressioni di Thomas e Claudia, due sedicenni provenienti rispettivamente dal liceo classico “Plauto” e dal liceo scientifico “Plinio Seniore”.
Quando siamo arrivati a Cracovia il tempo era bello, prometteva bene. Noi ci aspettavamo il gelo. Siamo partiti da Roma in 300: quattro alunni e un professore per 51 classi. E con noi tanti giornalisti, fotografi, ed ex-deportati. Dopo essere arrivati in albergo siamo stati in giro per la città, nel quartiere ebraico. Abbiamo visitato il ghetto e la sinagoga Temple. Qui sono iniziati i discorsi “seri”, di un certo livello, molto toccanti. Il sindaco Veltroni e l’assessore alla scuola Maria Coscia ci hanno spiegato il significato di questo viaggio, che vuole essere la continuazione di un progetto iniziato a scuola insieme ai professori.
Questa mattina abbiamo avuto un piccolo inconveniente, perché si è rotto un vetro del pullman che ci doveva portare all’ex campo di sterminio di Birkenau. Meno male che ce l’abbiamo fatta e siamo arrivati in tempo! Lì ad aspettarci c’erano diversi ex-deportati: il sig. Venezia, il sig. Terracina, il sig. Mogliani, che si sono rivelate delle persone molto valide, e con cui siamo stati insieme per tanto tempo, ad ascoltare le loro testimonianze.
Il sig. Modiani, ad esempio, era stato deportato nel campo di concentramento all’età di tredici anni. Ora a noi sembra assurdo pensare a un ragazzo di quell’età che viene strappato dalla propria casa e viene portato qui dopo un viaggio estenuante, con poca acqua, poco cibo. Non potevano muoversi, stavano sempre in piedi. Il suo è un caso particolare, perché era stato messo a lavorare proprio nei pressi di una camera a gas dove vennero sterminate tantissime persone. Ha addirittura visto morire un suo parente! Ci ha portato davvero una bella testimonianza, ci ha fatto capire soprattutto come in quel luogo era molto semplice perdere la dignità umana: ci voleva una gran forza per resistere. E poi un’altra cosa che ci ha colpito tantissimo: l’entrata del campo sembrava un’enorme bocca, che prima o poi sembrava volerci risucchiare.
Auschwitz era un campo di lavoro forzato e ora è diventato un museo. Là abbiamo potuto vedere diverse stanze che ci hanno colpito profondamente. C’era anche una prigione sotterranea, dove venivano mandati quelli che organizzavano una resistenza interna al campo di lavoro. E poi venivano fucilati. Un’altra stanza che ci ha colpito molto è stata quella in cui c’erano le immagini di tutti quelli che avevano trovato lì la morte. Vedevamo persone sofferenti, con visi smunti. Molti di noi non hanno potuto trattenere le lacrime. Era più forte di noi.
La giornata è trascorsa con dei ritmi pressanti, è stata un po’ pesante, ma ne è valsa la pena.
Avevamo studiato questi avvenimenti a scuola, ma attraverso i libri non s’intuisce che questa è davvero una forma di bestialità umana. Quando si entra nel campo di concentramento si percepisce subito un’aria di desolazione, un aspetto tetro. Appena siamo entrati siamo rimasti attoniti.
Capire cosa è successo è una parola difficile. Noi non possiamo capirlo a fondo. Possiamo solo avvicinarci, grazie soprattutto alle persone che ci hanno raccontato la propria storia. Ascoltandoli abbiamo provato molta tristezza, un senso continuo di oppressione. Abbiamo visto un lato dell’uomo… veramente incredibile. Non pensavamo che l’uomo potesse progettare uno sterminio simile.
I sopravvissuti sono stati davvero fondamentali per quest’esperienza. Anche loro si sono commossi. E poi loro erano soli al mondo, e qui hanno visto delle cose dell’altro mondo. Non le dimenticheranno mai più.
Anche il sindaco Veltroni è stato molto importante per quest’esperienza: è stato sempre vicino a noi. Mangiava con noi, parlava, faceva le foto. È stato di grande aiuto per spiegarci le vicende storiche e ci ha confortato nei momenti più difficili.
È stata un’esperienza davvero differente rispetto a un campo scuola. Ci sentiamo come investiti di una carica rispetto ai nostri compagni rimasti a Roma. La complicità tra tutti noi è stata automatica. Abbiamo parlato delle nostre impressioni, ci siamo confrontati, abbiamo parlato… Siamo tutti adolescenti, abbiamo provato tutti le stesse impressioni. Quando siamo tornati in pullman dopo questa visita, c’era solo tanto silenzio. Volevamo riflettere, volevamo capire.
Siamo convinti che dopo questa esperienza noi dobbiamo essere degli ambasciatori verso gli altri che sono a Roma. Un domani gli ex-deportati non ci saranno più, e noi dovremo portare la loro esperienza alle nuove generazioni. Non sarà facile, ma dobbiamo farlo.
(10 ottobre 2005)
(Nella foto: Gli studenti romani nel campo di concentramento di Auschwitz)
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