Questa sera a partire dalle 22.30 Rai Auditorium, il canale radiofonico della Rai dedicato alla musica classica (ex-filodiffusione) trasmetterà alcuni brani eseguiti dal Coro Musicanova. Qui tutte le informazioni per le modalità di ascolto (dalla radio al satellite, da internet al digitale terrestre).
(dal sito della Rai)
Questa rubrica periodica, per lo più di natura antologica, è uno di quegli spazi di cui generalmente nelle nostre annotazioni non ci occupiamo; essa è comunque molto amata da quegli ascoltatori appassionati alla voce umana e al canto corale.
Vogliamo oggi quindi fare un’eccezione alle nostre consuetudini, presentando una puntata che potrebbe avere come sottotitolo: “Musica sacra italiana dei nostri giorni”; la contemporaneità guarda con un amore ed un interesse davvero grandi verso i repertori destinati al coro, sia nella sua formazione a cappella che con l’ausilio di strumenti, in organici ampi o ridotti.
Il coro come insieme di voci umane, unite, sovrapposte, rafforzate, è da sempre luogo sonoro dove mettere alla prova modalità compositive le più diverse: basterà pensare come alle sperimentazioni architettoniche del XIII e XIV secolo corrisposero in musica le prime grandi creazioni polifoniche, o come alle speculazioni filosofiche della nascente società moderna rispose l’opera di Bach, mirabilmente espressa dalle sue polifonie; spesso usato per dare voce ai sentimenti di un popolo, in epoca romantica il coro si dovrà confrontare col genere operistico che esalta il canto a solo, e ne sarà valido e suggestivo complemento.
I repertori corali quasi per definizione si ascrivono all’ambito religioso, dove trovano, almeno in parte, la loro origine e il loro massimo sviluppo; in epoca moderna il ‘900 riscoprirà le immense potenzialità di sperimentazione del coro, ponendolo in posizione privilegiata nella sua ricerca sull’entità stessa del suono, nelle sue variabili fisico-acustiche e nelle sue istanze filosofiche più profonde.
Citeremo quindi solo, obbligatoriamente quasi, il “Lux Aeterna” di György Ligety come simbolo forte di tutta la produzione corale del secolo ormai passato, che accoglie la sfida del futuro e vi sottopone uno tra gli strumenti più antichi della storia della musica, lo piega, lo comprime e lo esalta, chiedendo al singolo corista prestazioni altissime in vista dello stupefacente effetto globale.
Nelle creazioni corali moderne la resa di suoni e timbri sovrapposti, scevra oramai sia dalle consuetudini armoniche della tradizione che dalla schiavitù della vocalità belcanistica (non solo stilisticamente lontana ma tecnicamente inapplicabile) si avvicina all’elettronica, realizzando con le voci umane agglomerati sonori di enorme novità e suggestione.
La sperimentazione, che almeno in parte del ‘900 ha avuto una configurazione spesso profana e talvolta propriamente politica, si riappropria nei repertori corali di oggi di una spiritualità profonda che il suono del coro, – etereo potente e mai soggettivo – esprime al meglio; vastissimi orizzonti si aprono per chi voglia cimentarsi con la realtà meravigliosa del coro rimanendo immersi negli stimoli dell’oggi, senza dover ripiegare su repertori ormai consunti o – peggio – realizzando con grandi formazioni dilettantistiche i repertori più antichi, certamente destinati a piccoli gruppi di esperti cantori.
Le proposte di oggi non riguardano musicisti noti come Arvo Pärt o, nella generazione posteriore, Thomas Jennefelt; ascolteremo composizioni di alcuni giovani autori italiani; Pietro Caraba, Pietro Rosati, Antonio Iafigliola, Lorenzo Donati e Fabrizio Barchi, che è anche il direttore del Coro Musicanova, giovane e brillante formazione romana che esegue tutti i brani in programma.
Gli ascolti, tutti rigorosamente a cappella, sono un interessante carrellata di stili, sonorità, scelte testuali armoniche e formali altamente differenziate; segno questo di una vitalità che ci auguriamo possa trovare sempre di più un pubblico affezionato ed esecutori sensibili alle esigenze della nostra seppur complessa realtà di uomini del XXI secolo.
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