(La benedizione del pastore Sunday Adelaya)
“Unite le mani, alzatele in cielo e urlate una preghiera al Nostro Signore!”. La giornata si può riassumere più o meno così. Otto ore, forse di più, all’interno di un enorme centro sportivo per assistere alla cerimonia del Pastore Sunday e della sua “Embassy Of God”.
Ma andiamo per ordine, cari lettori, e vi spiego tutto. Ore 8, suona la sveglia. Un po’ presto direi… ma siamo qui per lavorare, e quindi bisogna sopportare anche le alzatacce. Io e il mio fidato compagno di viaggio Jan usciamo di casa con un bel gelo polare (temperatura abbastanza al di sotto dello zero) e ci dirigiamo verso un caffè. Cappuccino e cornetto, of course. Il cappuccino è davvero buono, non posso non ammetterlo (ci stanno copiando la tradizione!), ma la sorpresa è il cornetto: un blocco durissimo fatto di strutto, burro, olio… disgustoso! È rimasto ovviamente tutto nel piatto. Così, dopo una specie di “panino dolce” acquistato in una squallidissima bottega (ma il panino era davvero buono) ci siamo diretti al Manezh Sports Center, un enorme centro sportivo di epoca sovietica ormai in disuso in un sobborgo di Kiev, dove si alternano grattacieli diroccati a casupole basse.
Entriamo, e il servizio d’ordine ovviamente dopo un attimo di esitazione ci accoglie con tutti gli onori, dandoci un pass e la possibilità di “curiosare” dove vogliamo per l’intera giornata. Ma che cos’è l’Embassy of God? Si tratta dell’argomento principale del mio viaggio, e ovviamente ora ne posso parlare.
La cosiddetta Ambasciata di Dio è una grossa chiesa evangelica carismatica nata in Ucraina alcuni anni fa ad opera del pastore Sunday Adelaya (attenzione alla pronuncia: Sandéi Adelàgia). Una Chiesa stile quelle americane che fa paura alla chiesa ufficiale ortodossa di Kiev: ha – secondo le statistiche da lei stessa diffuse, ma vanno prese con le pinze ovviamente – più di due milioni di fedeli, tra cui centomila ufficiali (schedati) nella sola Ucraina. Si dice che questa Chiesa abbia un potere talmente grande da essere stata uno dei fattori principali della famosa Rivoluzione arancione, nonché della vittoria di Yulia Timoshenko. Si dice – ancora – che Viktor Yushenko, l’attuale presidente del Consiglio ucraino, avrebbe pubblicamente ringraziato Adelaya per la sua vittoria.
Si tratta, insomma, di una specie di “setta” in cui preghiera e divertimento, meditazione e gioia si alternano ogni minuto, e in cui la politica e l’economia hanno un importantissimo fattore: è bene che il fedele sia impegnato nella politica, e se il fedele si comporta rettamente, i soldi che guadagna dalla propria attività gli verranno dati in gran quantità proprio dal Signore. Una visione abbastanza diversa da quella nostra e molto vicino a quella calvinista.
Una Chiesa in cui il pastore è una figura molto carismatica ed è accusato da molti di effettuare lavaggi del cervello e di dare illusioni. Bellissime le scene in cui il pastore si avvicina a persone in difficoltà che gli chiedono aiuto (prettamente alla fine di ogni cerimonia) e, con le mani poggiate sulla testa di ognuno di loro, infonde sicurezza e benedizioni. Ovviamente una Chiesa molto attenta anche al lato economico, con continue richieste, durante le celebrazioni, di donazioni e acquisto di merchandising. “Il Signore non dice solo di donare – ripete senza stancarsi e a gran voce Sunday durante la celebrazione – ma di donare con forza, con difficoltà, con sofferenza”.
Ho avuto la possibilità di assistere a ben due cerimonie praticamente identiche, in cui sul palco si sono alternate le urla del pastore (insieme alle presentazioni dei suoi libri e alla richiesta di fondi), musica rock, esempi di “peccatori” guariti all’istante con il solo tocco da parte del pastore, lacrime e gioia, urla e meditazione.
Un’esperienza davvero incredibile, dunque, e dalle mille sfaccettature. Di cui però non posso anticipare altro, perché sarà il tema principale – è IL TEMA – del mio reportage. Insieme ai miei fidati amici abbiamo avuto l’occasione di intervistare il Pastore in persona per un lungo periodo di tempo, di scattare oltre 800 foto e di parlare con un sacco di gente.
Al ritorno, seratina tranquilla in un ristorante del centro dal nome abbastanza singolare, almeno per me: Ristorante carciofo. E io odio i carciofi. Ma ho mangiato tutt’altro: una buonissima zuppa e uno spezzatino di carne. Peccato che nello spezzatino la metà della carne fosse fegato. E io odio il fegato (mannaggia a me e a quando non ho voluto controllare sul dizionario cosa fosse il “liver”, in inglese).
Infine, un bel viaggio sugli autobus locali, troppo intriganti! Si tratta di vecchi minibus “sgarrupatissimi” con circa 15-20 posti a sedere, in cui si paga l’equivalente di 15 centesimi di Euro… semplicemente lanciandoli sul sedile accanto a quello del guidatore (sedile pieno di monetine, troppo fico). Jan, come dicevo abbastanza esperto di Est europeo, mi ha spiegato che si tratta di minibus privati che compiono la stessa tratta (ad esempio, la linea 18 è quella che prendevamo per andare a casa) dei bus pubblici. Costano un pochino di più dei bus pubblici (il cui biglietto per noi è l’equivalente di 8 centesimi di euro) ma passano in continuazione. Un bell’esempio di concorrenza, e soprattutto di efficienza: chi vuole risparmiare può aspettare l’autobus pubblico, chi va di fretta con una spesa leggermente maggiore potrà prendere i minibus privati.
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