Intervista a Dave Wright, Chief Innovation Officer di ServiceNow, definito un “evangelist”, un pioniere e un divulgatore tecnologico nel campo della trasformazione digitale collegata al futuro dell’occupazione
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Come cambierà il mondo del lavoro grazie all’intelligenza artificiale? Come cambierà il panorama tecnologico con la diffusione sempre più marcata dell’intelligenza artificiale e dei modelli linguistici di grandi dimensioni (come ChatGPT, di cui si parla sempre più). E ancora: quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi del relazionarsi sempre di più con l’intelligenza artificiale nel lavoro, nello studio, nell’intrattenimento? A rispondere alle nostre domande è Dave Wright, Chief Innovation Officer di ServiceNow, multinazionale californiana che aiuta le aziende a gestire i flussi di lavoro digitali e ad aumentare e ad automatizzare la produttività. Wright, passato qualche giorno fa per Milano, è definito un “evangelist”, un pioniere e un divulgatore tecnologico nel campo della trasformazione digitale collegata al futuro del lavoro.
Quali saranno gli impatti più tangibili dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro nei prossimi cinque anni?
“Se si pensa a cosa succederà nei prossimi cinque anni credo che vadano analizzati tre fattori distinti: l’automazione, la previsione, la personalizzazione. Innanzitutto direi che l’intelligenza artificiale inizierà a capire il modo in cui le persone lavorano e il modo in cui alle persone piace lavorare. Saremo in grado di anticipare le tendenze e riusciremo a liberarci dallo svolgimento dei compiti più banali e ripetitivi, ottenendo in cambio la possibilità di poter essere forse un po’ più creativi”.
A suo avviso quali sono gli aspetti positivi e quelli meno positivi dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale come ChatGPT?
“Se partiamo dagli aspetti positivi metterei in luce il fatto che consente ai dipendenti di sbarazzarsi di ciò su cui in genere non vogliono lavorare, che è in grado di eliminare almeno in parte i lavori ripetitivi. Penso sia interessante anche dal punto di vista dell’esperienza che quando si usa uno strumento come ChatGPT, le risposte che si ottengono danno una sensazione di maggiore naturalezza rispetto al processo ormai ‘antico’ di cliccare sui link che vengono presentati dai motori di ricerca. Al contrario, quali sono gli aspetti meno positivi? Beh punterei tutto sulla visibilità, sul fatto che la maggior parte dell’intelligenza artificiale sia oscura, una sorta di buco nero. Non si capisce davvero cosa accada, da dove arrivino le risposte. E poi c’è anche il fatto che l’intelligenza si ritiene soddisfatta di dare una risposta corretta ma si ritiene altrettanto soddisfatta di dare una risposta completamente sbagliata”.
Con l’uso sempre maggiore dell’intelligenza artificiale rischiamo che gli studenti si presentino sul mondo del lavoro meno competenti di prima?
“Io ho due ragazzi, uno di 16 e uno di 13 anni, e credo che inizieranno a usare l’intelligenza artificiale come strumento di studio esattamente come la generazione precedente ha usato Google: consultare un motore di ricerca non significava che le persone diventassero immediatamente super-informate su tutto ma che avrebbero avuto un altro strumento per trovare quello che stavano cercando. Ecco, io penso che l’intelligenza artificiale possa in un certo modo preparare le persone per il mondo del lavoro perché questo strumento sarà sempre più utilizzato nel mondo del lavoro. Quindi acquisire queste abilità durante la scuola non è necessariamente un male”.
L’intelligenza artificiale diventa sempre più parte integrante delle nostre giornate. Ma allora come cambierà il mondo del lavoro?
“Penso che il lavoro cambierà esattamente com’è cambiato in passato. Se guardiamo a come lavoravano le persone 200 anni fa scopriamo che il 90% di loro negli Stati Uniti lavoravano in agricoltura; ora neanche l’1% lavora in quel settore. Quindi semplicemente emergeranno lavori diversi. Ad esempio nel campo del servizio clienti, si inizia a vedere una sorta di ripartizione di come viene definito questo servizio. Ci sono aziende che utilizzeranno le stesse persone per fornire il servizio ai propri clienti e per venire incontro allo stesso modo anche alle esigenze dei dipendenti”.
C’è qualcosa che l’intelligenza artificiale non può o non riesce ancora a fare?
“Credo che l’intelligenza artificiale non sia molto brava a creare da zero. Le si possono dare delle linee guida e costruirà qualcosa, ma quando si tratta di un’attività puramente creativa si comporta in modo pessimo. Non va bene neanche per tutto ciò che richiede il buon senso: quindi se qualcosa è ovvia per un essere umano (il tono di voce, il sarcasmo), non è detto che funzionerà con l’intelligenza artificiale. Così come un’altra cosa che non funziona con l’intelligenza artificiale è l’adattamento, perché tende ad apprendere in base alla ripetizione”.
Lei pensa che tramite l’intelligenza artificiale si possa combattere la disinformazione? Pensiamo solo a quanto si stanno diffondendo le fake news o i video falsi come i deepfake… Siamo a rischio?
“Credo che vedremo sempre più quest’evoluzione: l’intelligenza artificiale usata per creare contenuti e sistemi realizzati apposta per rilevare come questi contenuti sono stati creati. Avviene ad esempio adesso con ZeroGPT, utilizzato per rilevare se un testo è stato creato attraverso ChatGPT. Ma in generale penso che l’intelligenza artificiale abbia le capacità di capire se un qualcosa è stato creato artificialmente. Credo che sia davvero importante avere a disposizione questi strumenti e questa capacità di monitorare e garantire la veridicità dell’intelligenza artificiale: sarà essenziale che le persone li usino nel modo corretto”.
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